Negli ultimi anni, in ambito sportivo, si parla sempre più di DOMS, un’infiammazione muscolare che si manifesta dopo un allenamento intenso o dopo un periodo di inattività.
Insieme all’acido lattico, può causare dolore muscolare e scoraggiare le persone dal proseguire l’attività fisica, soprattutto per i principianti.
L’intensità del dolore muscolare dopo l’allenamento varia da persona a persona, a seconda di fattori come le caratteristiche fisiche dell’individuo, il tipo e l’intensità dell’allenamento, il livello di allenamento, il periodo di recupero, l’idratazione e la dieta.
Cosa sono i DOMS?
Il termine DOMS sta ad indicare i dolori muscolari post-allenamento o anche l’indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata.
Non è altro che la sensazione piuttosto fastidiosa di dolore e di rigidità muscolare, che si può manifestare dopo l’allenamento.
I DOMS si verificano in quei muscoli che hanno svolto una attività fisica intensa nei giorni precedenti.
La prima sensazione di dolore inizia in modo sordo, ossia profondo, localizzato nel muscolo che precedentemente ha svolto il lavoro intenso.
Oltre alla sensazione di dolore si avvertono ipersensibilità e rigidità.
Queste sensazioni fastidiose peggiorano se si prova ad allungare il muscolo, a contrarlo o sottoporlo a palpazione (per esempio se si cerca di massaggiare la zona indolenzita).
Il dolore può comparire già dalle prime 24 ore dopo l’allenamento e il suo picco di massima intensità si raggiunge tra le 24 e le 72 ore dopo il suo inizio.
Tenderà poi a scomparire naturalmente in massimo sette giorni.
Ovviamente questi valori sono indicativi e cambiano da persona a persona.
Ma perché compaiono i DOMS?
Possono comparire dopo aver eseguito uno sforzo muscolare ad una intensità o con una modalità cui non siamo normalmente abituati.
Solitamente i DOMS si verificano perché, durante lo sforzo eseguito in fase di allenamento, si creano dei veri e propri microtraumi nella fibra muscolare.
Questi danni si verificano su due proteine fondamentali per la contrazione muscolare, ossia l’actina e la miosina.
Quando si verificano questi microtraumi, vengono anche stimolati i recettori del dolore (detti nocicettori) e, di conseguenza, si avverte la sensazione dolorosa. Le sensazioni di rigidità e di indolenzimento tipiche dei DOMS sono, in realtà, dei segnali che il muscolo manda al cervello e al resto dell’organismo per avvisare che, se si prosegue con quella tipologia di esercizio a distanza di poco tempo, si rischiano danni seri e duraturi ai muscoli.

Come si manifestano i DOMS?
Cerchiamo di capire, a questo punto, come si manifestano esattamente questi DOMS e come vanno gestiti.
Secondo alcuni studi scientifici i DOMS sono contraddistinti anche dalla presenza di infiammazione muscolare dovuta a varie sostanze, tra cui le prostaglandine.
In passato si credeva, invece, che i DOMS fossero successivi alla produzione di acido lattico, ma questa teoria è stata ampiamente smentita.
Bisogna anche precisare che queste sensazioni di rigidità muscolare non vanno confuse con dolori di tipo acuto, a sua volta causato da traumi, contratture, stiramenti e strappi muscolari.
Quindi, a scanso di equivoci, i DOMS sono un sintomo chiaro e preciso dei microtraumi legati all’esercizio fisico. Sono danni di natura temporanea, non permanenti, che però possono manifestarsi con una momentanea diminuzione della forza muscolare, una ridotta capacità di movimento e (in alcuni casi) con il gonfiore.
Il muscolo però continua a funzionare e a svolgere le sue funzioni e, nell’arco di circa una settimana, il muscolo dovrebbe aver completamente riparato i microtraumi.
Effetti DOMS
Se invece si fa un secondo allenamento della stessa tipologia di quello che ha causato il DOMS, prima che sia passata la settimana, il muscolo potrebbe funzionare di meno, non avendo avuto il tempo necessario per riparare i microtraumi.
La capacità di riparazione del muscolare non è uguale per tutti ed è legata a diversi fattori. Questa capacità può migliorare nel tempo, lavorando su stimoli ed intensità diverse, ma la prima volta che il muscolo riceve un determinato stimolo dall’esercizio fisico il muscolo farà percepire alla persona dolore, rigidità e fastidio.
Man mano che la capacità di riparazione muscolare migliora, maggiore sarà l’adattamento del muscolo agli stimoli e ai danni collegati. Quindi anche il senso di gonfiore, di riduzione della forza e di perdita della mobilità saranno più “leggeri”. Per migliorare la capacità di reagire ai DOMS l’esercizio successivo dovrà essere di intensità più alta.
Se si vogliono superare più velocemente i fastidi legati ai DOMS si possono effettuare delle sedute di crioterapia oppure di sauna e/o bagni caldi, dei massaggi, delle sedute di elettrostimolazione e degli allenamenti di bassa intensità.

Cos'è l'acido lattico?
Parliamo ora dell’acido lattico, l’altra sostanza che si produce a livello muscolare (ma anche nei globuli rossi), generando dolore e fastidio.
Prende anche il nome di lattato e si produce quando le cellule utilizzano il glucosio (lo zucchero fondamentale per la vita delle cellule) in assenza di ossigeno, mediante un processo metabolico chiamato glicolisi.
Quest’ultima è costituita da una serie di reazioni che permetto di produrre l’ATP, una molecola che funge da “moneta” energetica per tutte le funzioni dell’organismo.
Attraverso la glicolisi dal glucosio si passa a molecole più piccole e si produce ATP, sempre in assenza di ossigeno (o bassi livelli di ossigeno).
Processo Acido Lattico
Il processo di glicolisi si attiva quando si compiono sforzi breve durata ma di alta intensità: per esempio la corsa per arrivare al treno o alla metropolitana o lo scatto in allenamento. Queste tipologie di sforzi devono essere di breve durata, perché il muscolo, lavorando in assenza di ossigeno (non ha il tempo necessario per prenderne di più dall’aria esterna) si affaticherà molto facilmente.
Quindi l’acido lattico si produce alla fine del processo di glicolisi se continua l’assenza di ossigeno, detta anche anaerobiosi. Se a livello del muscolo si accumula troppo acido lattico si avvertirà la sensazione di fatica, anche perché è un vero e proprio acido che fa abbassare il pH nella cellula e fa lavorare in modo meno efficiente gli enzimi cellulari. Tutto questo riduce la capacità del muscolo di contrarsi (accorciarsi).
L’accumulo di acido lattico determina una sensazione di “bruciore muscolare”, subito seguita dalla sensazione di fatica, così forte da dover interrompere l’esercizio. Per fortuna, in condizioni normali, questa sensazione dura poco (massimo qualche minuto), perché il corpo cercherà di eliminare l’acido lattico dai muscoli. Spariranno così il “bruciore muscolare” e il senso di fatica e il muscolo sarà pronto a ripartire.

COME SI FORMA L’ACIDO LATTICO?
Come abbiamo visto precedentemente l’acido lattico si produce per effetto di alcuni sforzi fisici, ma soprattutto si produce durante l’allenamento, in particolare quando si svolge una attività fisica troppo intensa che manda l’organismo in carenza di ossigeno.
Quindi l’organismo non riesce a “prendere” dall’aria esterna la giusta quantità di ossigeno o di farlo arrivare rapidamente alle cellule muscolari, che comunque dovranno poter continuare a lavorare, per poter svolgere tutte le sessioni dell’allenamento.
L’organismo sfrutta così una strategia alternativa e produce proprio l’acido lattico come fonte energetica alternativa, determinando però le sensazioni di bruciore, dolore e fatica muscolare in quella zona del corpo che sta svolgendo lo sforzo.
L’acido lattico si produce dopo la glicolisi e ne rappresenta una sorta di sottoprodotto, che dovrà poi essere eliminato.
Infatti, entro poche ore dall’allenamento spariranno le sensazioni di fatica e bruciore.
Cosa produce l’acido lattico?
La produzione di acido lattico ha una sua soglia di riferimento chiamata “soglia del lattato”, che rappresenta il punto in cui nella cellula muscolare inizia a formarsi l’acido lattico ed è diversa per ogni persona.
Quando, nel corso di uno sforzo fisico, si raggiunge questa soglia vuol dire che la persona ha raggiunto la massima intensità di esercizio fisico che è in grado di sostenere senza affaticarsi.
Quando si supera la soglia l’acido lattico si accumulerà nella cellula, perché non riesce a smaltirlo velocemente.
Gli individui con un’alta soglia del lattato sono in grado si sostenere sforzi/esercizi più intensi.
Si può dire, quindi, che l’acido lattico è una sostanza fondamentale che permette di eseguire esercizi intensi e di breve durata; che fa sì sopraggiungere la fatica ma che viene velocemente eliminato per permettere, dopo poco tempo, l’esecuzione di un altro esercizio intenso.
Nel processo di eliminazione dell’acido lattico interviene il fegato che lo riconverte in glucosio.
Oltre ai contesti legati all’attività fisica, l’acido lattico si forma costantemente nell’organismo per circa 120 g al giorno, ma viene completamente smaltito e metabolizzato.
Importanza di un allenamento misto ai fini metabolici e dimagranti
Parliamo ora di quanto sia importante differenziare le tipologie di allenamento non solo per la salute cardio-respiratoria ma anche a fini delle reazioni metaboliche svolte dall’organismo e anche in ottica dimagrante, quindi perdita di massa grassa.
Per comprendere meglio l’importanza degli allenamenti ai fini metabolici, bisogna parlare di “fabbisogno energetico giornaliero” e di “dispendio energetico giornaliero”.
Il primo rappresenta ossia la quantità di energia che deve introdurre giornalmente l’organismo attraverso l’alimentazione per poter svolgere tutte le sue funzioni.
Il secondo rappresenta la quantità di energia che l’organismo consuma ogni giorno per le sue funzioni e si suddivide in tre “blocchi”: metabolismo basale, termogenesi indotta dalla dieta e attività fisica.
Il metabolismo basale (solitamente indicato con la sigla MB) è la quantità di energia che l’organismo consuma a riposo, senza fare sforzi, per tutte le funzioni vitali del corpo e rappresenta il 70% del dispendio giornaliero.
La termogenesi indotta dalla dieta (detta TID) costituisce il 10-15% e deriva da tutte le reazioni che permettono di usare i nutrienti che arrivano dagli alimenti.
L’attività fisica (AF) è la percentuale più variabile e dipende dai livelli di allenamento e vita attiva di ogni persona. I due blocchi su cui si può lavorare per migliorare il “metabolismo corporeo” ossia la capacità di utilizzare al meglio ciò che arriva dalla alimentazione e anche il suo smaltimento, senza accumulare grasso di deposito sono: il metabolismo basale e l’attività fisica.
Da cosa viene influenzato il metabolismo?
Il metabolismo basale è influenzato da una serie di fattori: il sesso, l’età, la massa magra dell’organismo, il tipo di alimentazione, l’eventuale assunzione di farmaci, l’eventuale stato di ansia, alcuni fattori ormonali, la temperatura corporea e quella esterna e l’eventuale stato di gravidanza/allattamento.
Tra questi fattori quello più facilmente modificabile è la massa magra che può aumentare o diminuire in funzione della alimentazione e del livello di attività fisica.
Se una persona desidera perdere massa grassa, quindi dimagrire, dovrà procedere correggendo la propria alimentazione, rivolgendosi ad un professionista della nutrizione e aumentando il livello di attività fisica.
Quest’ultima dovrà essere di tipo misto, prevedendo esercizi di tipo prevalentemente aerobico (l’organismo consuma ossigeno per utilizzare il glucosio) sia anaerobico.
Quindi si dovranno alternare esercizi tipo il jogging, la corsa, la camminata veloce, il nuoto libero, la cyclette, lo sci di fondo, con esercizi con attrezzi di resistenza come manubri, bilancieri, kettlebell, elastici, etc.: con gli esercizi aerobici si migliorerà la capacità dell’organismo di ossidare (quindi utilizzare) gli zuccheri e i grassi introdotti con la dieta.
Con quelli anaerobici si aumenterà la massa muscolare, che fa parte della massa magra. Aumentando la massa magra aumenta il metabolismo basale e quindi il dispendio totale, con perdita di peso/massa grassa della persona.
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Conclusioni
L’attività fisica rappresenta (o meglio dovrebbe rappresentare) uno degli elementi cardine dello stile di vita delle persone come indica la Piramide dell’Attività Fisica redatta dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) che nel 2010 ha pubblicato la versione aggiornata.
Secondo questa piramide sono necessari almeno 150 minuti di attività moderata durante la settimana da alternare a 75 minuti di attività vigorosa (quella che comporta poi la produzione di acido lattico e di DOMS).
L’attività fisica ha delle ricadute positive molto importanti sullo stato di salute.
Difatti, negli ultimi 10 anni è stato confermato da numerosi studi che una vita sedentaria agisce come potenziale fattore di rischio per molte malattie croniche, tra cui la sindrome metabolica, il diabete mellito di tipo 2, e patologie cardiovascolari, oltre che aumentare il rischio di mortalità.
L’attività fisica porta anche benefici dal punto di vista psichico ed emotivo, migliorando le funzioni cerebrali e migliorando alcune forme di ansia e di depressione.
Nonostante gli aspetti positivi, molte persone sono restie ad intraprendere una attività fisica, forse per mancanza di tempo o forse intimorite proprio da quelle situazioni di tensione muscolare, fastidio, rigidità e dolorabilità di cui si è parlato sopra.
Sarà compito degli operatori sanitari e del benessere, tra cui anche, chi ha il diploma di MCB, far riflettere sull’importanza e sui benefici della attività fisica, rassicurando anche che “alcuni fastidi” della pratica sportiva sono normali e temporanei.
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